intervista di Di R. Sandall
Intervistati:
David Gilmour,
Rick Wright,
June Bolan,
John Marsh,
Peter Jenner,
Nick Mason,
Jonathan Meades,
Jenny Fabian
I Pink Floyd erano in cammino verso il successo pop psichedelico fino a quando il loro debole visionario si trasformò in “qualcosa di profondamente squilibrato, messianico, missionario di acidi”. Dopo di che fu rinchiuso nell’armadio delle lenzuola.
DG: L’ho notato più o meno al tempo in cui i Floyd stavano registrando See Emily Play. Syd ancora funzionava bene allora, ma non era definitamente più la persona che conoscevo. Guardava attraverso di te. Non era più lì.
RW: Dovevamo fare una sessione per la BBC un venerdì, e Syd non si presentò. Nessuno lo trovò. Scomparve per tutto il week-end e quando riapparve il lunedì, tornò una persona completamente diversa.
JB: [la segretaria di Blackhill Ents, che poi divenne la Signora di Marc Bolan]. Ho vissuto tutte le crisi di acido che attraversò Syd. Era abituato a venire a casa mia alle cinque del mattino coperto del fango di Holland Park dove era andato fuori di testa e la polizia aveva iniziato a dargli la caccia. Andava all’ostello per giovani di Holland Park, si rovinava e poi camminava fino a Shepherd’s Bush dove io vivevo.
JIM: [il responsabile luci dei Floyd] Visse per un periodo in un appartamento in Cromwell Road con vari personaggi, missionari di acido che vogliono cambiare il mondo. Tutti sapevano che se tu andavi a trovare Syd, mai accettare una tazza di tè, mai un bicchiere d’acqua senza prenderlo tu stesso dal rubinetto, perché tutto in quella casa era “corretto”.
PJ: Cromwell Road, numero 101, era l’appartamento catastrofico dove Syd si faceva di acidi. Gli abbiamo dato uno dei nostri gatti e gli hanno dato acido pure a lui. Non penso che erano dei geni malefici che cercavano deliberatamente di giocare con la mente di Syd, erano solamente dei grossi amanti squilibrati e messianici degli acidi. Non appena ci siamo resi conto cosa stava succedendo l’abbiamo trasferito da Cromwell Road in un appartamento a South Ken, dove ha vissuto con Storm e Po
(Thorgerson e Powell, Hypgnosis), ma era già troppo tardi.
JB: Uno degli ultimi concerti in Gran Bretagna in cui Syd ha suonato con i Floyd fu il Technicolor Dream a Ally Pally. Prima di tutto non trovammo Syd, poi io l’ho trovato nel camerino ed era così fatto. Continuavo a dire: “Syd, sono June! Guardami!” Io e Roger Waters l’abbiamo messo in piedi e portato sul palco. Gli abbiamo messo la Stratocaster bianca intorno al collo e lui è entrato in scena e naturalmente il pubblico impazzì perché lo amavano. La band iniziò a suonare e Syd rimase lì in piedi, rimase lì fisso, viaggiando con la mente. Hanno fatto tre, forse quattro pezzi e poi l’abbiamo portato via. Non poteva reggere un’intera esibizione, né fare nient’altro.
NM: Syd andò fuori di testa durante il primo tour in America nell’autunno del ’67. Non sapeva dov’era gran parte del tempo. Mi ricordo che scordò la sua chitarra sul palco a Venice, Los Angeles, e rimase lì in piedi percuotendo le corde, il che fu un po’ strano, anche per noi. Un’altra volta si svuotò una lattina di Brylcream sulla testa perché disse che non gli piacevano i suoi capelli ricci.
JM: Un tipo di A&R li stava portando in giro per Hollywood per il classico tour delle ville delle star, e Syd vagabondava in giro, con gli occhi spalancati, noncurante. “Ehi!”, disse, “E’ forte essere a Las Vegas!”
JMe: [Jonathan Meades…allora uno studente di RADA, adesso autore e critico di ristoranti] Alla fine del ’67 Syd Barrett e alcune altre persone che conoscevo, vivevano a Egerton Court, un palazzo di fronte alla stazione della metropolitana di South Ken. Sono andato là in quel tempo quando Syd aveva o appena lasciato la band o era pronto per l’ultimo tentativo. Syd era certamente il pazzo del gruppo e uno aveva l’impressione che non piaceva neanche tanto. C’era questo terribile rumore. Suonava come il tremore di tubi del riscaldamento. Ho detto: “Cos’è?” e il mio amico ridacchiò e disse: “Questo è Syd che sta avendo un cattivo viaggio!”. Lo abbiamo messo nell’armadio delle lenzuola.
RW: Finimmo per vivere insieme in un appartamento in Richmond all’inizio del ’68. L’idea della band di cinque persone non stava veramente funzionando, ma non ce l’avevamo fatta a dirglielo. Così quando uscivo a suonare per delle serate, dicevo a Syd che andavo a comprare le sigarette. Fu orrendo.
JF: [Jenny Fabian…autore di Groupie] Syd era così bello, anche se solo dormii al suo fianco perché non poteva succedere niente di più. Gli sono stata a fianco solo un due o tre settimane prima che andasse fuori. Anni dopo l’ho ritrovato di nuovo che viveva in una stanza di un appartamento in Earls Court. Sedeva in un angolo su un materasso e aveva dipinto ogni asse del pavimento di colori alternati, verdi e rossi. Bollì un uovo nel bollitore del tè e se lo mangiò. E ascoltava ripetutamente i nastri dei Beach Boys, cosa che ho trovato un po’ sconfortante. Era ancora esattamente lo stesso, solo che adesso era Syd Barrett la ex-star e non Syd Barrett la star.
NM: Se fu colpa degli acidi, dei mal viaggi, non lo so. In verità penso che c’era qualche tipo di danno già dal principio.
PJ: Era la sua pazzia latente che gli dava la sua creatività. L’acido gliela fece venir fuori, ma ancora più importante, gli fece venir fuori la pazzia, e l’oscurità della sua personalità. La creatività era lì, fumare marijuana era abbastanza per farla lavorare. Quello che è successo fu catastrofico. Tutto il suo talento venne fuori come un’alluvione, e poi si consumò.
Traduzione: Paola Garavaglia
Supervisione: Andrea Garavaglia
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