Abbiamo incontrato i Brit Floyd a Stoccarda durante la loro ultima data tedesca, alla vigilia del loro mini tour italiano, grazie all’invito di Edoardo “Edo” Scordo, chitarra e voce della band.
Dopo un breve sound check e un’interessante “meet and greet” in cui la band ha suonato, benissimo, “Marooned” e “Mother” , che di solito non sono in scaletta, abbiamo avuto una breve conversazione con Edoardo e Damian Darlington, chitarra, voce e musical director dei Brit Floyd.
Edoardo e’ l’ultimo arrivato nella band, ma e’ un giovane veterano, essendosi fatto le ossa, tra l’altro, suonando con gli Euphonia, un tempo la piu’ nota Pink Floyd Tribute in Italia. Ci racconta con entusiasmo della date sold out in America la scorsa estate, dell’emozione di vedere The Wall Live all’Olimpico tre anni fa (e la parziale delusione del CD audio, spogliato dell’aspetto visuale) e di come gli e’ sembrata potente “Pigs-Three Different Ones” suonata da Waters e band al Desert Trip Concert. E’ incredibile, dopo avergli sentito suonare una versione nota su nota di “Marooned” da pelle d’oca, come Edo parli piu’ come un fan dei Pink Floyd che come un chitarrista fenomenale.
Damian e’ un tipo tranquillo e apparentemente meno estroverso di Edoardo, durante la nostra chiaccherata, non un’intervista, ci ha gentilmente raccontato di quando, nel 1995, David Gilmour appari’ nel camerino degli Australian Pink Floyd, con i quali Damian ha suonato brevemente, per complimentarsi con la band. Qualche tempo dopo Damian fu chiamato da Polly Samson per suonare, con gli “Aussie” Floyd, proprio al 50mo compleanno di Gilmour. Erano altri tempi e con gli anni, come Damian ci dice, il fatto che le tribute bands siano diventate un business, la separazione non pacifica degli Australian Pink Floyd e la fine dell’effetto “novita’” ha portato Gilmour ad allontanarsi fino a prendere praticamente le distanze dal mondo dei tributi. Con un filo di frustrazione Damian confessa che sarebbe bello avere di nuovo l’attenzione di Gilmour, se non altro per fargli vedere l’omaggio che, quasi ogni sera, viene reso alla “sua” musica.
E l’omaggio ai Floyd di Gilmour, durante il concerto, e’ abbastanza evidente. L’impostazione dei Brit Floyd, come scaletta, luci, video, e’ votata all’intrattenimento del pubblico, i suoni e gli arrangiamenti si rifanno ovviamente agli originali, ma il cuore sembra rivolto proprio agli ultimi tour dei Pink Floyd. L’inizio, con “Sign of Life” e “Learning to Fly” atterra diritto tra i ricordi di chi ha scoperto, seguito e amato i Pink Floyd dalla fine degli anni ’80, “Poles Apart” scalda con il fascino dei pezzi poco suonati dal vivo e “High Hopes” riporta direttamente all’estate del 1994 e le ultime “Nights of Wonder”. I classici come “Us and Them”, “Shine on You Crazy Diamond” and ” Another Brick in the Wall” arrivano un po’ piu’ tardi e la prima perla della serata, “Pigs-Three Different Ones” chiude un’ottimo primo tempo.
Durante la seconda parte, dopo una folgorante “Echoes”, “The Great Gig In the Sky” cantata da Angela Cervantes parte da “Delicate Sound Of Thunder” e approda in un’intensita’ piu’ latina che va al di la’ del tribute: e’ la prima standing ovation del pubblico tedesco.
L’impressione generale e’ che, salvo eccezioni, solo Damian e in parte Edoardo si prendano licenze artistiche rispetto agli arrangiamenti classici. Sono piccole variazioni sui suoni, mix di versioni live diverse, finali allungati che sbloccano un po’ il concerto dall’ottimo professionismo e rivelano personalita’ e cuore, l’omaggio, appunto, alla musica dei nostri che aggiunge qualcosa in piu’ ad una fedele cover. Sarebbbe bello se anche gli altri musicisti prendessero qualche rischio in piu’, ma e’ chiaro che il pubblico, in generale, apprezza piu’ professionalissime e incredibili copie che rischiosi omaggi e lo spettacolo, da quel punto di vista, e’ perfetto cosi’.
Tormando a casa una frase di Damian continua a farci pensare: quando Waters e Gilmour andranno in pensione, questo sara’ l’unico modo per ascoltare dal vivo la musica dei Pink Floyd ma esisteranno ancora, tra vent’anni, nuove generazioni che vorranno ascoltarla? Con spettacoli come questo in circolazione noi puntiamo sul “si”.
Marco dice
Mi riferisco in particolare allo spettacolo visto all’Arcimboldi di Milano.
Premesso che la band è spettacolare, che sono bravi, che sono molto gentili e rivolti al pubblico, francamente qualche variante in più non avrebbe guastato sopratutto da parte del batterista. Ma è ovvio che uscire dagli schemi non è facile, sopratutto quando il brano deve essere in simbiosi con luci e video e i tempi devono essere per forza di cose rispettati.
Qualità audio piuttosto scarsa, forse a causa dei pochi diffusori presenti quella sera e quindi tirati per il collo nonostante il volume rendesse appena.
Comunque tutto sommato un fantastico spettacolo.
Marco
Enzo Dalla Rosa dice
Tutto normale,come tutti….
loris dice
E’ quello che penso sempre io, viva le tribute band che danno la possibilita’ si ascoltare dal vivo quello che si puo’ ascoltare solo da un impianto hi-fi.
PS un plauso ad una tribute band italiana i FLOYD MACHINE.
Enrico Soldatini dice
Grazie per i commenti, li ho visti solo ora. Si, condivido il discorso sul batterista. E’ molto professionale e preciso, mi e’ piaciuto su Time, ad esempio, ma potrebbe fare un po’ di piu’. Al tempo stesso, si sentono in giro tanti batteristi che fanno troppo, tra le due situazioni preferisco il minimalismo.